Questa è la storia di due donne, diverse nei modi, nel carattere e nella vita che conducono, accomunate però dall’età: entrambe hanno 42 anni.
Antonella, una delle due, lavora come prostituta in un basso nel centro storico, dietro via Orefici, nel “carrugio” di vico Carlone. È una “professionista del sesso molto richiesta” e riceve i suoi clienti dalle 12 alle 21, il via vai è incessante.
L’altra donna si chiama Luigia. È l’opposto di Antonella: riservata, vestita in modo semplice, abita in periferia e fa l’infermiera a domicilio presso una signora nel centro di Genova. Vedova di un magazziniere, anni prima si era trovata a dover affrontare gravi difficoltà economiche.
Suo marito, aveva provato ad aprire un bar, ma si era indebitato durante la ristrutturazione, e Luigia, che lavorava all’ospedale San Martino, non riusciva a sostenerlo economicamente. Un infarto se lo era portato via, lasciandola sola a combattere contro gli strozzini.
Una sera Luigia non rientra dal lavoro. I figli, allarmati, se ne accorgono solo il mattino seguente. La figlia contatta Adriana, la datrice di lavoro, la quale afferma che Luigia aveva lasciato il lavoro all’ora consueta, senza segnalare nulla di strano.
A quel punto, Adriana compie un gesto inaspettato: si precipita fuori di casa e si dirige verso il basso di sua proprietà in vico Carlone, dove lavora Antonella.
Qual è il nesso tra le due? La risposta è semplice: Antonella non è altro che una seconda versione di Luigia. Pressata dai debiti, Luigia ha trovato come unica soluzione quella di diventare una prostituta, assumendo il nome di Antonella e nascondendosi dal resto del mondo, tranne che dai suoi clienti. Solo Adriana conosce questa doppia vita.
Con le chiavi del basso, Adriana entra e accende la luce. La scena è raccapricciante: sangue ovunque, sulle pareti e sul letto, la stanza completamente sottosopra. Lo sguardo di Adriana cade a terra, tra il letto e l’armadio: il corpo di Luigia, seminudo, giace in un lago di sangue, con un trapano conficcato nella gola.
Sopraffatta dall’orrore, Adriana chiama la polizia. Gli agenti trovano tracce di sigarette, un film pornografico ancora nel proiettore, e diverse macchie di sangue, che vengono mandate per l’analisi del DNA.
Le prime indagini e le testimonianze delle colleghe conducono a un sospetto: Ottavio Salis, un uomo che svolge lavori saltuari per Luigia e frequenta regolarmente il basso come cliente. Si scopre inoltre che il trapano usato per l’omicidio è suo, e ha graffi sulle braccia, (dalle indagini risulta che Luigia si sia difesa strenuamente). Su un suo abito vengono trovate macchie rossastre che potrebbero essere sangue della vittima.
Sembra abbastanza per formulare un’accusa. Si attende solo il risultato del DNA. Ottavio è in preda al panico, si sente in trappola, fornisce un alibi che né la moglie né i figli confermano. Sotto pressione, si lancia dalla sopraelevata, lasciando tre lettere in cui proclama la propria innocenza. Tuttavia, l’opinione pubblica lo ha già giudicato colpevole. Caso chiuso? Non proprio: il DNA lo scagiona.
Tutto da rifare, come avrebbe detto Gino Bartali. Nel frattempo, mesi dopo, ad Ancona una prostituta subisce un destino simile, uccisa questa volta con un pugnale mentre un film pornografico è ancora in proiezione. Si sospetta un serial killer, ma l’indagine si ferma.
Sei mesi dopo, Adriana viene ritrovata morta per abuso di medicinali, probabilmente suicida secondo la sorella. Per gli inquirenti, però, potrebbe trattarsi di una vendetta degli strozzini, preoccupati che Adriana sapesse troppo. Tuttavia, niente viene provato.
Il caso riemerge quando il Procuratore riceve una lettera, scritta a macchina, in cui l’autore confessa l’omicidio di Luigia, riportando dettagli noti solo agli inquirenti. Purtroppo, è impossibile identificare chi abbia scritto la lettera.
Nel 2004, nove anni dopo, accade un altro evento sconcertante: un uomo precipita nel vuoto dall’altezza di venti metri e muore sul colpo. È il figlio di Luigia. L’urlo disperato prima del tonfo e la dinamica della caduta fanno pensare che sia stato spinto da qualcuno.
In definitiva, un efferato omicidio e tre misteriosi suicidi, tutti senza colpevole. E se l’assassino fosse ancora vivo, tra di noi, magari la persona a cui abbiamo offerto un caffè…