Prefazione
«Il ghetto, quel dedalo inestricabile di vicoli stretti e oscuri adiacenti a via del Campo, dove noi trans abbiamo esercitato dai primi anni Sessanta a oggi. Noi trans, che lui amava al punto da definirci “ i miei apostoli”, e noi andavamo fiere di questo appellativo. A lui, solo a lui, potevamo permettere di rivolgersi a noi usando il genere maschile.
Non faceva mistero di definirci in questo modo, lo proclamava in pubblico, lo rivelava ai media e anche in tv. La cosa era arrivata anche alle orecchie delle alte gerarchie che già vedevano col fumo negli occhi tutto questo adoperarsi di don Gallo per le prostitute e per i tossici, figuriamoci per le trans sex workers del ghetto ebraico».
Rossella Bianchi
Don Andrea Gallo, il prete dagli ideali pacifisti e comunisti, ha trascorso tutta la sua vita al fianco degli esclusi, in ascolto delle loro necessità senza pregiudizi e senza riserve. Drogati, prostitute, derelitti, per tutti la porta della Comunità di San Benedetto al Porto, a Genova, era sempre aperta. Negli ultimi anni aveva abbracciato la causa delle transessuali di via del Campo evitando che venissero cacciate dai loro bassi, e con il suo aiuto è stata fondata l’associazione Princesa, per la tutela dei diritti dei transgender. Da questo dedalo di carrugi, sospeso all’interno del sestiere di Prè, a cinque anni di distanza dalla sua morte le abitanti del ghetto, le princesas, ci raccontano il loro “Gallo”, quel prete da marciapiede che oggi sarebbe felice di essere ricordato dalle voci di quelli che spesso vengono definiti gli ultimi. Quelli che un giorno saranno i primi, vero Don?