“Amate ed aiutate i vostri figli per quello che sono e non per quello che voi desideravate che fossero.”
Prefazione
Siamo verso la fine della Seconda Guerra Mondiale e la guerra non risparmia nemmeno le sperdute colline della Lucchesia. I tedeschi sono in ritirata e all’incubo degli uomini di essere rastrellati e portati in Germania, si aggiunge il problema che tutto il bestiame e quei pochi beni alimentari prodotti con un anno di sacrifici vengano requisiti. Sono tempi in cui si vive nella miseria e nel terrore. Gli americani risalgono la penisola, sono amichevoli, non sono nemici, non rubano niente. Anzi, spesso regalano cose diventate introvabili in quei momenti drammatici. Diventano amici dei contadini del posto che mettono a loro disposizione quel poco che è rimasto: vino soprattutto, che i soldati a stelle e strisce apprezzano moltissimo. La casa dove abitano i genitori di Mario è una vecchia casa colonica su due piani. Al pianterreno c’é un’ampia sala e una grande cucina. Al piano superiore, una camera e due piccole camerette. Non c’è il bagno. Si va all’esterno e ci si arrangia come si può. Non è ancora arrivata l’elettricità. Ci sono lumi a petrolio e candele di cera. Non c’è acqua corrente. Il pozzo più vicino è a circa duecento metri ed è immerso nel bosco che arriva a pochi metri dalla casa colonica. Entrando nella grande cucina, a sinistra c’è il focolare con il camino e tanta legna da ardere. Al lato destro, una enorme conca per fare il bucato; non esistono detersivi.
Entrando nella grande cucina, a sinistra c’è il focolare con il camino e tanta legna da ardere. Al lato destro, una enorme conca per fare il bucato; non esistono detersivi. Al centro, un tavolo di legno per il pranzo e la cena. Una sera d’inverno, fra il 1943 e il 1944, gli americani sono ospiti nella casa di Mario. Ci sono anche una decina di paesani che hanno fatto un viaggio nella collina, perché stasera è una sera speciale: si fa la grappa. Fare la grappa è proibito dalla legge, ma la legge non arriva di notte in mezzo ai boschi. La grappa si fa usando i resti della spremitura dell’uva. È un procedimento che i contadini, pur conoscendolo bene, eseguono con una certa cautela, poiché il suo processo presenta dei rischi per gli addetti durante la preparazione. Vuoi per la chiassosa ed allegra presenza degli americani, vuoi perché tutti hanno mangiato e bevuto abbondantemente, nessuno tiene conto dei pericoli, abbastanza remoti del resto. Tutti sono assiepati dalla parte del focolare perché è una sera di freddo intenso. Mario, invece, è sul seggiolone all’angolo opposto del focolare. Improvvisamente le voci e le risate cessano: un’esplosione del grosso recipiente degli acini ed il propagarsi delle fiamme le trasformano in grida di terrore.
Tutti fuggono verso l’esterno per mettersi in salvo; molti gridano anche di dolore per le ustioni riportate, ma il grido più forte di tutti è quello della madre di Mario, la prima a rendersi conto che il bambino è rimasto nel suo seggiolone nella cucina in fiamme. Il più pronto ad agire è un soldato afroamericano. Si avvolge in una coperta bagnata, si butta attraverso le fiamme della cucina e lo porta in salvo. L’americano riporta ustioni al viso, ma Mario è incolume. Gli americani hanno una jeep, caricano gli ustionati, compreso l’eroico salvatore, e corrono giù all’ospedale di Lucca. Quel bambino, che a malapena cammina, ha già sentito sopra di sé l’ombra della morte. Non lo ha capito quella volta e non lo ricorderà neppure, ma ci penseranno i grandi a ricordarglielo spesso, e lui lo immaginerà come una drammatica avventura capitata a qualcun altro. Evidentemente, però, il destino era segnato; avrebbe lottato per la maggior parte della vita per vivere e sopravvivere. Si sarebbe trovato ancora più volte a tu per tu con la morte. Una mano da lassù lo avrebbe sempre aiutato, respingendolo sulla terra fino ai tempi nostri. Sì, perché il piccolo Mario, dopo ottant’anni, è ancora vivo. Quel bambino, attraverso sfortune e fortune a momenti alterni, ha finito per vincere la guerra della sopravvivenza, pur perdendo tante battaglie, ed è qui a raccontarvi la sua folle vita. Sì, l’avrete capito, quel bambino sono io